L’ostetrica può utilizzare-sostenere il manipolatore uterino durante un intervento di isterectomia laparoscopica?
Parere condiviso dal Comitato centrale e dall’Ufficio legale della FNCO (settembre 2010) Premesso che Pare opportuno ricordare che l’isterectomia laparoscopica è operazione delicata ove le nuove tecniche, per una migliore riuscita dell’intervento, prevedono l’utilizzo del manipolatore uterino, strumento considerato indispensabile per assicurare sicurezza ed efficienza.
Parere condiviso dal Comitato centrale e dall’Ufficio legale della FNCO (settembre 2010)
Premesso che
Pare opportuno ricordare che l’isterectomia laparoscopica è operazione delicata ove le nuove tecniche, per una migliore riuscita dell’intervento, prevedono l’utilizzo del manipolatore uterino, strumento considerato indispensabile per assicurare sicurezza ed efficienza.
Tale tecnica, estremamente sofisticata (il manipolatore posizionato dal medico-ginecologo attraverso il canale cervicale, permette lo spostamento antero-posteriore e laterale dell’utero), è certamente di competenza propria del medico chirurgo che sotto la propria responsabilità e direzione può coinvolgere l’equipe chirurgica in suo ausilio, quindi anche l’ostetrica/o. Considerate, tuttavia, le possibili complicanze che possono insorgere durante l’operazione (in un contesto di equipe multi professionale), sarebbe prudente che l’ostetrica si adeguasse a precisi protocolli clinico/organizzativi, modulando il proprio intervento al contesto in cui agisce ed assiste e alla complessità della casistica.
La valutazione della responsabilità professionale inerente l’attività sanitaria di tipo chirurgico comporta necessariamente l’analisi del lavoro svolto da ciascuno dei componenti dell’équipe.
La partecipazione simultanea di personale medico e sanitario non medico per l’effettuazione dell’intervento chirurgico ha reso talvolta difficile, nel caso di contenzioso giudiziario conseguente ad un danno occorso al paziente in sala operatoria, l’individuazione di una precisa responsabilità dei singoli operatori che a vario titolo hanno partecipato alla prestazione chirurgica.
In analogia con le differenti mansioni attribuite ai vari componenti dell’équipe chirurgica, la dottrina giuridica ha da tempo elaborato il cosiddetto “principio dell’affidamento” in virtù del quale ogni componente dell’équipe risponde personalmente della correttezza nell’espletamento delle mansioni a lui affidate, permanendo l’obbligo degli altri medici di intervenire, in caso di necessità, per supportare o correggere l’evidente errato operare altrui. Peraltro al capo-équipe rimane affidato il compito di sovrintendere all’operato dei componenti dell’équipe stessa, essendo egli esposto al rischio di vedersi attribuita dalla Magistratura una “culpa in vigilando” nel caso di una mancata sorveglianza sull’operato di quanti facciano parte del suo gruppo di lavoro.
Tuttavia, secondo la Giurisprudenza corrente, anche il medico dell’équipe che abbia una posizione subordinata nei riguardi del chirurgo operatore, risponde di un eventuale danno provocato al paziente in sede chirurgica, non potendo egli invocare una passiva sudditanza nei confronti del capo-équipe e conservando la possibilità di esprimere il proprio dissenso rispetto alle decisioni del Primario cui è affidata la responsabilità dell’atto medico-chirurgico.
Queste premesse si sono rese necessarie per mettere in correlazione le complicanze del medico-ostetrico con quelle specificamente previste dal profilo professionale delle ostetriche anche alla luce delle fonti normative che completano la disciplina: ordinamento didattico, codice deontologico, direttive comunitarie, ecc. infatti, com’è noto (e pacifico) l’ostetrica gode di autonomia professionale nelle mansioni che svolge da sola o integrandosi nell’equipe medica come nel caso di interventi chirurgici in ambito ostetrico e ginecologico. In particolare potendosi occupare in piena indipendenza della gravidanza, travaglio, parto fisiologico e/o collaborando con gli altri operatori sanitari e con i medici-ostetrici quando la gestione del caso clinico sia assunta dal medico per presenti o potenziali criticità e/o elementi che sconfinino dalla fisiologia alla patologia. In sala operatoria non v’è dubbio che si rientri (differentemente dalla sala parto – per nascita fisiologica) nella competenza (ostetrico-chirurgica) del medico ed in particolare del capo equipe che ha tra i suoi principali doveri quello di verificare e sorvegliare l’effettiva capacità tecnica ed esperienza dei collaboratori, membri dell’equipe, coordinando, dando direttive e prevalentemente occupandosi dei passaggi più delicati dell’intervento.
Conclusioni
Il posizionamento e tenuta in sito del manipolatore può dunque essere pertinenza dell’ostetrica sotto le direttive e controllo del medico-ostetrico che procede all’intervento e che ne verifica anche la correttezza d’esecuzione. Incombe all’ostetrica il dovere di riconoscere casi (estremi) di direttive palesemente errate o di emergenze che si verifichino a riguardo, per farle presente, sollecitando gli opportuni e tempestivi rimedi. In caso di persistenza di (rare) direttive francamente errate corre l’obbligo all’ostetrica di lasciare traccia in cartella clinica o partogramma in merito al suo dissenso nella gestione clinica della paziente.
Allegati
Ultimo aggiornamento
20 Luglio 2017, 16:12